POESIE VINCITRICI DELLA ix EDIZIONE DEL PREMIO
POETICO INT.LE ‘’LAUDATO SIE, MI’ SIGNORE’’
SEZIONE A (POESIA A TEMA LIBERO)
1° CLASSIFICATO FRANCO FIORINI
‘’NON È
DERIVA’’
Siamo qui,
mia cara,
in questa
sera quieta di novembre
a leggerci
sul volto le stagioni
fuggite come
nubi al maestrale
a preparare
il rosso dei tramonti.
Ti sorprendo
negli occhi la memoria
di corse
incontro al vento a primavera
che insieme
conoscemmo tra i ciliegi
al
biancoverde delle margherite,
giovane il
tempo – a regalarci sogni.
E a lungo li
bruciammo, i nostri sogni,
dentro i
giorni cocenti dell’estate,
il sole
amico a riscaldarci i passi,
al cinabro
ruffiano delle sere,
ai brividi
di luna delle notti.
Chiede resa,
adesso,
la poesia
incerta delle nebbie
di
quest’autunno che ci pesa addosso
dove i versi
sono echi di parole
perdute alla
ricerca di una rima.
Ma la vita
che insieme attraversammo
è ancora
linfa nelle nostre vene.
Non è
deriva, è solo un saggio approdo
di due
navigli, a ritemprar le vele
sotto la
filigrana delle stelle.
Indomite
riannodano, le mani,
la trama
misteriosa di un disegno,
promessa
antica di speranze, e nuova.
Ora c’è da
curare il gelsomino,
fiore
ostinato che non vuol morire.
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
L’autore, con una versificazione libera dalle suggestive
immagini verbali, si fa portavoce di una parola poetica che incarna il senso
più autentico dell’amore, quello che sa rinnovare sogni che hanno attraversato
le stagioni. Dalle corse incontro al vento a primavera, si è giunti ora al saggio
approdo in autunno di due persone che continuano ad amarsi riannodando le trame
misteriose di un disegno. Ed ecco che la poesia diventa un canto d’amore che
rinnova la sua linfa alla luce di una consapevolezza più matura.
Molto apprezzate la musicalità e l’armonia espressiva della
lirica.
2° CLASSIFICATO SEZIONE A (POESIA A TEMA LIBERO)
ANTONIO BASILE
‘’RONDÒ
PER LA MIA MAMMA’’
Forse non
saprai mai (o forse sì?)
ciò che
pensavo e ciò che penso adesso
del
sacrificio tuo che si compì
dacché
nascesti infino al tuo decesso.
Erano tempi
all’alba del progresso
ma poi la
guerra ti sfiancò gli ardori
e ti
trovasti con tre figli appresso
sola a
lottare e a vincere i dolori.
L’uomo tuo
caro non tornò da fuori
per
quell’onore, tanto per me strano,
ch’è pur
capace d’infiammare i cuori
alla
falcidia del genere umano.
Sola, di
notte, al sentimento vano
forse
piangevi o trattenevi il pianto
o ci
guardavi e singhiozzavi piano
mentre
eravamo l’uno all’altro accanto.
Tutti in un
letto come un quadro santo
per darti
noi la forza e la speranza
nel
fronteggiar la vita e il disincanto
prodotto da
una cronica ignoranza.
Crescemmo
sani pur nella mancanza
e ti
ringrazio e te lo scrivo qui
e son sicuro
che dall’altra Stanza
mi dici che
doveva andar così.
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
Lirica molto toccante dedicata a una madre e ai sacrifici
costretta a fare per crescere i figli da sola, senza l’aiuto di un marito
purtroppo non tornato a casa per quell’onore così strano, frutto di un tempo
non pienamente consapevole della drammaticità della guerra.
Attraverso degli endecasillabi a rima alternata pieni di
trasporto emotivo, il componimento è un canto d’amore che esprime tutto il
senso della gratitudine verso una madre donatrice di vita e nutrice di
speranza.
3° CLASSIFICATO
SEZIONE A (POESIA A TEMA LIBERO)
GABRIELLA SEMINO
‘’L’UOMO DELLA
PANCHINA’’
Sul prato
stento in strada cittadina
che ad un
incrocio forma una piazzetta
sta lì
seduto sopra una panchina
solitaria e
patetica vedetta
che giorno e
notte silenziosa aspetta
una chiave
di volta alla sua vita
mentre
d’intorno tutto va di fretta,
auto e
persone in teoria infinita.
Con
espressione logora e smarrita
ripercorre
vicende ormai passate
e lentamente
sfiora con le dita
povere
masserizie accatastate
esposte al
gelo, all’acqua, alle ventate,
perché casa
non ha, se mai l’ha avuta
e qui
trascina tutte le giornate,
tra qualche
sigaretta e una bevuta,
di
un’esistenza grama e malvissuta
o forse
deragliata dal binario
di una
famiglia amata, oggi perduta.
Chissà se
invece questo itinerario
questo stile
di vita solitario
l’ha scelto
lui per rabbia o per follia
rifiutando
il legame societario,
tranne i
piccioni in muta compagnia.
La gente non
lo guarda e tira via,
lui,
conficcato ai più come una spina,
lui, monumento
ad ogni ipocrisia,
resta
dimenticato là in vetrina.
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
Componimento molto armonico in cui il racconto poetico si fa
man mano più riflessivo e incisivo. Attraverso un ritmo calibrato distribuito
tra strofe a rime alternate, l’autore denuncia l’indifferenza che spesso si ha
di fronte alle persone più povere che vivono in strada, definite “monumenti ad
ogni ipocrisia”. Molto apprezzate la sonorità e la chiarezza delle immagini
verbali.
SEZIONE B (POESIA A CARATTERE RELIGIOSO. TEMA L’AMORE IN TUTTE LE SUE
SFACCETTATURE)
PRIMO CLASSIFICATO BRUNO FIORENTINI
‘’VIA CRUCIS’’
LA CONDANNA
Sei solo,
Cristo, nel pretorio ostile:
in piedi,
avvinto, con le spalle erose
da
trentanove colpi di staffile,
una corona
in capo… e non di rose.
S’è lavato
le mani Ponzio, il vile!
Ti sapeva
innocente e si nascose;
‘’Jèsu o
Barabba?’’ E tutti ad una voce
‘’Sia libero
Barabba!’’ A te la croce.
LA CADUTA
È
pesante la croce! Sotto il legno
tre volte
sei caduto, sopraffatto.
Eri pur
uomo, Cristo; anzi il più degno
e al suo
destino non ti sei sottratto.
Lo sapevi:
chi uomo paga pegno,
ma dopo si
rialza… E tu l’hai fatto.
Forse io no!
T’invito a perdonare
che, se
molto ho peccato, è umano errare.
IL CIRENEO /
LA VERONICA
C’è chi portò
con Cristo la sua croce:
lo fece il
Cireneo lungo la via
sollevando
Gesù dal peso atroce.
Ed anche la
Veronica fu pia.
Altre donne
piangevano a gran voce;
lei gli
deterse il volto e, per magia,
l’icona
santa in quella tela stessa
in premio al
gesto vi rimase impressa.
GESÙ È
SPOGLIATO DELLE VESTI
Il titolo*,
per norma apposto ai rei, il ‘’cartello’ con
l’indicazione della condanna
grida al
mondo l’orribile reato:
‘GESÙ
DI NAZARÈTH
RE DEI GIUDEI’
Non cadde a
terra lì, vi fu gettato;
le vesti ai
suoi carnefici: trofei!
Morirà nel
ludibrio il condannato
e la tunica
bella, tratta a sorte,
finì tra
quelle mani ebbre di morte.
GESÙ
MUORE
Tra due
ladroni a lato come un bruto*, ribaldo
va l’agnello
immolato alla sua fine.
Prima, però,
che tutto sia compiuto
offre il
perdono all’anime assassine,
spalanca il
cielo al ladro ravveduto,
dona un
figlio alla madre tra le spine.
Chiama a
gran voce il Padre: ultimo atto.
Adesso può
morire: ‘’Tutto è fatto!’’
GESÙ È
DEPOSTO DALLA CROCE
Trema la
terra, grande buio ha inizio…
È
sera ormai; la Pasqua sta che viene:
non può
restare un corpo al suo supplizio.
Posto in
grembo a Maria, lì tra le pene,
è reso a
Cristo l’ultimo servizio:
tra pianti e
strazi per l’asciutte vene
il lugubre
corteo fa qualche passo
verso la
tomba, grotta dentro al sasso.
LA SALITA AL
CIELO
Ma sarà
breve la deposizione:
domani a
notte è già RESURREZIONE!
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
Componimento
scritto in ottave classiche, perfette sul piano stilistico–formale, molto
scorrevoli nel ritmo e nella musicalità degli endecasillabi. L’autore
ripercorre gli episodi della passione di Cristo esprimendo un senso religioso
molto forte e, tramite un linguaggio spesso crudo, riesce a rendere assai
efficacemente le sofferenze patite dal Signore. Molto significative le parole,
molto intensa l’ispirazione, per cui si instaura un legame di profonda empatia
tra l’opera e il lettore, che s’immerge in essa appassionato e commosso
dall’inizio fino alla conclusione, quando, cambiando tono, i versi celebrano,
in una esplosione di gioia, la gloria della Risurrezione.
2° CLASSIFICATO ANTONIO GIORDANO
‘’NATALE MARE’’
La barca ora sussulta in mezzo ai
flutti,
nel mare che ha raccolto tanti
lutti.
Col binocolo scruto più lontano
e vedo un telo bianco là che
ondeggia.
Poi distinguo alla fine un volto
umano.
C’è una donna nel guscio che
galleggia:
sola, senza nessuno che l’aiuti.
Arriviamo dov’è l’imbarcazione,
e siamo tutti spaventati e muti.
Per salvarla entriamo poi in
azione.
Leggèro il corpo prendo tra le
braccia;
giovane donna trema di terrore,
tirata in volto, bruna è la sua
faccia:
ha una smorfia che segna il suo
dolore.
Piange ma non ci par distrutta e
vinta
e un suo sorriso con stupor ci
coglie.
Non abbiam dubbi; sembra proprio
incinta:
poi sgrava mentre mordono le
doglie.
È un maschietto che strilla a
perdifiato,
smette di colpo poi e par che rida.
L’abbiamo rivestito e pur lavato
e all’abbraccio di lei cheto
s’affida.
Io le domando mentre il bimbo serra,
’’Ma come mai tu navighi da sola?
Senza nessuno lasciasti la tua
terra?’’
Mi rivolge sommessa la parola:
‘’Le mie sorti di lacrime son
zeppe,
vengo da un luogo dove morte
infuria.
Hanno là massacrato il mio
Giuseppe.
di cibo e pace là v’è gran penuria’’!
‘’Sole e sorrisi qui da noi avrai
ché hai traversato il mar col cielo
grigio.
Son finite disgrazie, strazi e
guai.
Tu avrai da noi pace e prestigio.
Ma chi sei che navighi in inverno
portando dentro te dolce fardello?
Ti assicuriamo noi l’amor fraterno.
Tuo futuro sarà sereno e bello’’…
‘’Tu mi conosci. Io sono Maria;
e d’anni traversati ne ho duemila.
Vedendo i tuoi valori in agonia
in questa terra dove il mare fila.
In questo mondo regna la paura,
valori e bene non esiston più.
Degli uomini ci prenderemo cura
ché in terra è nato adesso il mio
Gesù.
Il mio Figliuolo ed io ora
preghiamo.
Liberaci o Signore da ogni male.
Pianti non ci sian più ma
sorridiamo
ché portiamo la gioia del Natale’’
MOTIVAZIONE DELLA GIURIA
Testo composto
in ottave di endecasillabi, che procedono ritmici e armoniosi nella rima
alternata. È una storia di emigrazione tutta particolare, in quanto i
protagonisti sono Maria e suo figlio appena nato, Gesù. Èd è una storia di
sofferenza, che parla di fame, di guerre e di morte, e che, nel contempo,
denuncia l’assenza di valori nel mondo e la presenza, in esso, della paura. Ma
è anche una storia di speranza, anzi di certezza in un domani migliore, perché
la Madonna e Gesù sono venuti per portare la gioia del Natale. È una
composizione molto profonda, che, con parole intense ed essenziali, ci induce a
pensare ai tanti mali del mondo odierno, emigrazioni comprese, e a farci parte
attiva nell’attuare gli insegnamenti del Vangelo.
3° CLASSIFICATO MAURO MARCONI
‘’ULTIMA PREDICA AGLI UCCELLI’’
Francesco d’Assisi, ormai deluso dalla stoltezza e
dall’insensibilità degli uomini, rinnova in prossimità dell’abbraccio a Sorella
Morte la predica-elogio alle alate creature.
Un giorno d’Aprile il Santo d’Assisi,
deluso non poco dai suoi confratelli,
decise senz’altro, fra lazzi e sorrisi,
di far predicozzo a stormi e fringuelli.
‘’Uomini stolti, e un tantino meschini
voi non capite quel che dico da ore
meglio sarà che a codesti augellini
faccia dono del verbo di nostro Signore.
Ognora nei boschi, sui monti e i pianori
udiamo gorgheggi in cielo sfreccianti,
l’allodola e il picchio ridestano i cuori,
lo scricciolo e il merlo, fan festa vocianti.
Or ditemi dunque chi è più fortunello
se l’uomo o il pennuto fra tutti i viventi
mirando la gazza, il tordo e il fanello
librarsi gioiosi sui campi ridenti.
Venga dunque a posarsi, lieve sul saio,
per primo il cantore che tace alla sera
ma l’animo il giorno ci rende assai gaio
divina ha la voce, la gentil capinera.
Sgolarmi per voi giammai più non posso
-O esseri umani che nulla intendete-
prendete ad esempio il bel pettirosso,
teologo fine che invidia fa a un prete.
E se della logica vogliam far trattato
non v’è mente acuta che messa alle strette
su qual sia lo scopo di tutto il creato
competer mai possa con gufi e civette.
Ed ecco all’orecchio sussurra vicino
il mondo è desioso di pace e di bene
m’insegna cortese il buon cardellino
che basta un sorriso a fugare le pene.
Se poi il tribolar mi scarnifica all’osso
guardar solo devo lassù sopra il ramo
l’allegro augellin dal nom codirosso
che subito il cuore risponde ‘io amo’.
Peccato mortale è il troppo esser fiero
convien che l’umano s’inchini al divino,
sarà mai permesso all’ardito sparviero
fissare negli occhi il Celeste Bambino?
Ma lesto il pensiero si volge al trapasso
l’età ormai ci mena davanti al portone
del luogo nel quale ogni animo basso
ascendere ambisce tra piume d’airone.’’
MOTIVAZIONE DELLA
GIURIA
Poesia ispirata
alla predica di San Francesco agli uccelli. Con parole molto delicate e
semplici, secondo lo stile del Santo, l’autore ne riporta il discorso,
ricreando la serena atmosfera della pace campestre e i gioiosi gorgheggi degli
alati cantori della natura, che suscitano, in chi li ascolta, un serafico
stupore e una placida sensazione di pace, di bene e d’amore. Composizione molto
musicale, che procede nell’armonia della rima alternata e dei versi spesso
articolati in doppi senari e che, in un linguaggio incisivo e coinvolgente,
stimola l’uomo a riflettere e a ricredersi sul suo modo di comportarsi, spesso
improntato a una stolta meschinità e a un gretto egoismo.
SEZIONE C POESIA DIALETTALE
1° CLASSIFICATO LUCIANO GENTILETTI
ER BUSILLI DE L’INCONTRARIO
Come Giano , du’ facce e ‘na capoccia,
ciavemo drento er Bene e puro er Male,
‘sta legge, ch’è per tutti universale,
ce fa cresce er busilli ne la boccia.
L’incontrario te scopre quer che vale:
nun godi er frutto si nun c’è la coccia,
nun cerchi pace si nun c’è chi scoccia,
la notte more quanno er giorno sale.
Così a ‘sto monno p’apprezzà l’Amore,
che governa ‘sta favola infinita,
l’omo nun po’ fa a meno der dolore.
Senza er pianto che scenne su la pelle
nun t’accorgi der dono ch’è ‘sta vita
ce vò lo scuro per vedè le stelle.
TRADUZIONE
L’ENIGMA DEGLI OPPOSTI
Come Giano, che ha due facce ed una testa, / dentro ognuno di
noi alberga il Bene ed il Male, / questa legge universale, / è un enigma che ci
accompagna costantemente./
Abbiamo bisogno del contrario per comprendere quello che
vale: / gustiamo un frutto quando lo estrapoliamo da quello che lo ricopre, /
cerchiamo la tranquillità perché esiste chi deruba. / La notte svanisce quando
sorge il giorno. / Nel mondo per apprezzare l’Amore, / che governa questa
favola infinita, / l’uomo non può fare a meno del dolore. / Solo dopo aver
patito una sofferenza / ci accorgiamo di quello che abbiamo: / occorre il buio
per vedere le stelle. /
MOTIVAZIONE DELLA
GIURIA
Con questo fine sonetto l’Autore intende
sottolineare che noi, troppo abituati oggi alla spensieratezza, al disimpegno e
al tutto dovuto, riusciamo ad apprezzare appieno il valore dei momenti positivi
e delle infinite sensazioni buone e
gradevoli, esclusivamente quando esse si
avvicendano a fasi negative della nostra esistenza.
Soltanto allora ci accorgiamo in effetti
di quanto sia meraviglioso e prezioso il dono stesso dell’intera vita.
È una riflessione che Luciano Gentiletti
sa esprimere con estremo garbo, evitando di appesantire la fluidità del suo
testo con grevi sentenze morali, ma concludendo con un amaro verso: “…ce vo’ lo
scuro pe vedé le stelle.”
2° CLASSIFICATO STEFANO BALDINU
‘’FINZAS A SAS JANNAS ‘E SU CHELU’’
( peraulas de unu tetraplegicu)
Est unu silentziu suttile chi si arrenovat
intro dogni toccheddu de coro ‘e sole chi
antziat
supra sas cortes costellassiones de umbras
e unu irballu ‘e fozas chi toccant,
bantzichende, sa superfitze de coro
leandende, depustis dogni zestu meu, unu
sùlidu
‘e lontananzias e unu sèmene de atonzu.
Est unu pesu ispetzificu divresso
intro su brùere bioladu dae su passu de
unu putzone
a belare unu affocu disordinatu ‘e
sillabas
intro una parentesi de laras. Sa vida mea
est cuddu nudda ‘e proja chi abantzat
finzas a sas jannas ‘e su chelu, unu
accordu de ojos
chi scudant supra sa tastiera e isòrbant
mattas ‘e dolu vizinu a su alidu ‘e Deu.
Tottu restat comente una croca ‘e coro
intro una isterria ispannada de mare, una
rughe ‘e proja
chi si prena de una boghe non mea, unu
risittu atzinnadu
prejoneri de unu tempu de bantzicaduras
assentes chi
allargat a mie dae pretzisa imperfessione
‘e sa felicidade.
Dia bolere franghere custa abbesada mea a
su silentziu
essere una zirandola ‘e alidos a bascia
frecuentzia.
a abbaidare su orizonte iscoloriu ‘e sa
anima mea
dae su barcone ‘e su corpus innanti chi sa
morte mudat sa arena
‘e su orolozu a rena mea in una sufferta copiadura
‘e s’Eternu.
Ma inoghe uve sos dies naufragant supra sa
terrafrimma ‘e sos fozos
de unu calendarju deo resto comente una
desinentzia mai cuniugada
supra sa iscrissione ‘e sa fruntene ‘e
Deu; una tramadura
de sos alfabetos de babballottos mudos a
barattare sa semplitzidade
‘e su silentziu pro una birgula de aghera
supra sa superfitze ‘e laras.
FINO ALLE PORTE DEL CIELO (Traduzione)
(parole di un tetraplegico)
C’è un silenzio sottile che si rinnova /
dentro ogni batticuore di sole che alza / sui cortili costellazioni di ombre /
e un equivoco di foglie che toccano, / dondolando, la superficie del cuore /
lasciando, dopo ogni mio gesto, un soffio / di lontananze e un seme d’autunno.
/ C’è un peso specifico differente / nella polvere violata dal passo di un
uccello / a velare una asfissia disordinata di sillabe / entro una parentesi di
labbra. La mia vita / è quel nulla di pioggia che avanza / fino alle porte del
cielo, un connubio di occhi / che battono sulla tastiera e sciolgono / molliche
di dolore vicino al respiro di Dio. / Tutto rimane come una conchiglia di cuore
/ in una distesa di mare rarefatta, una croce di pioggia / che si colma di una
voce non mia, un sorriso accennato / prigioniero di un tempo di oscillazioni
assenti che / mi allontana dalla esatta imperfezione della felicità. / Vorrei
infrangere questa mia abitudine al silenzio, / essere una girandola di respiri
a bassa frequenza / ad osservare l’orizzonte stinto della mia anima / dal
balcone del corpo prima che la morte muti la sabbia / della mia clessidra in
emulazione sofferta dell’Eterno. / Ma qui dove i giorni naufragano sulla
terraferma dei fogli / di un calendario io rimango come una desinenza mai
coniugata / sul cartiglio della fronte di Dio; una cospirazione / di alfabeti
di insetti muti a barattare la semplicità / del silenzio per una virgola d’aria
sulla superficie delle labbra. (dialetto sardo di nuorese di Sindia)
MOTIVAZIONE
DELLA GIURIA
Non è semplice condurre una lingua,
all’apparenza ostica e dalle tonalità forti e nette, al lirismo di una poesia
intessuta di sensazioni malinconiche, di atmosfere tenui, di interiori
percezioni e di inquietudini esistenziali.
Ebbene Stefano Baldinu, Autore molto
stimato e quotato, è riuscito nell’intento di realizzare un’opera in dialetto
sardo-nuorese equilibrata e pregevole per la ricchezza dei contenuti e per la
profondità delle intuizioni esternate.
Esemplare è la conclusione della
composizione che rivela la sottile, persistente amarezza del Poeta nel non
sentirsi altro che “ una desinentzia mai
coniugada / supra sa iscrissione ’e sa fruntene ‘e Deu.” (“… una desinenza mai coniugata / sul
cartiglio della fronte di Dio.”
3° CLASSIFICATO ATTILIO ROSSI
MARE BÀILA
Vist ch’a-j dasì ‘l làit a na masnà soa
savend ëd na mama ch’a n’avia pòch
fin-a contenta ‘d butene n’àutr an coa
dzora a soa pòrta a l’ha butà doi fiòch.
Lj color a j’ero divers ma a ‘ndasìo bin:
col bleu ‘d so fieul a lo butava ansima,
peui col reusa dla cita sota bin davzin;
fin-a l’órdin ëd col ch’a ciuciava prima.
A j’era pròpi bel deje ‘l làit coj fërfoj
përchè so cit chiel tan a na vansava
a-j bitava bin setà ‘nsema ‘n sij ginoj
për andurmije na canson a-j cantava.
As ricordava pa pì col ch’a fussa ‘l so
tra coj doi a fasia pì gnun-a diferensa
chila a cunava bin contenta ij doi bisò
ch’a-j vempìo d’alegria soa esistensa.
Ël temp a passava pì lest an armonia
drinta a ca la gòj a fiorìa a vista d’euj
cò l’amor ansema a lor lest a chërsìa:
sarà për lòn ch’as sent ‘ncora ‘ncheuj.
Ma ‘l temp, quand ch’as viv pròpi bin
vëdd sempe so passé còsa bin lesta
e quand as vempo le masnà ‘d basin
còsa ch’a l’è ntorn a l’è vestì a festa!
A-i rivrà ‘dcò ‘l momenti për lassesse
e për mare bàila a sarà na penitensa
fin-a quand a rivrà ‘l di d’artrovesse
a je smijrà bela tuta l’esistensa.
Ma cola masnà ch’a tornerà ‘n famija
As porterà daré ‘l temp ch’a j’era cita;
na vos balòssa minca tant a-j bësbija:
mare bàila a sarà n’arcòrd për la vita!
‘’MAMMA BALIA’’ (Traduzione)
Visto che gli dava il latte as un suo
bimbo
sapendo d’una mamma che ne aveva poco
perfino felice di metterne un altro in
coda
sopra alla sua porta ha messo due fiocchi.
I colori erano diversi ma andavano bene
quel blu del suo figlio lo metteva sopra
poi quello rosa della bimba sotto ben
vicino
perfino l’ordine di chi succhiava prima.
Era proprio bello dare il latte a quei
frugoletti
perché il suo piccolo tanto ne avanzava
li metteva ben seduti insieme sulle
ginocchia
per addormentarli una canzone le cantava.
Non si ricordava più quale fosse il suo
fra quei due faceva nessuna differenza
lei cullava ben contenta i suoi due
gioielli
che le riempivan d’allegria la sua
esistenza.
Il tempo passava più veloce in armonia
Dentro alla casa la gioia fioriva a vista
d’occhio
Anche l’amore assieme a loro cresceva:
sarà per quello che si sente ancora oggi.
Ma il tempo, quando si vive proprio bene
vede sempre il suo passare cosa ben lesta
e quando si riempiono i bambini di baci
quello che è attorno è vestito a festa!
Arriverà anche il momento per lasciarsi
E per mamma balia sarà una penitenza
Fino a quando arriverà il giorno di
ritrovarsi
Le sembrerà meno bella l’esistenza.
Ma quella bambina che tornerà in famiglia
Si porterà dietro il tempo che era
piccola;
una voce birichina ogni tanto le
bisbiglia:
mamma balia sarà un ricordo per la vita!
MOTIVAZIONE
DELLA GIURIA
Mai abbastanza
onorata e ricordata nel passato e tantomeno citata oggi nel frenetico panorama
pilotato dai prodotti tecnologici, la figura e la missione delle balie ha rappresentato
nel tempo un compito di rilevanza
sociale essenziale a favore della famiglia.
Oltre a tale aspetto la premura delle
‘seconde mamme’ verso i neonati loro affidati dai genitori reali, ha originato innumerevoli
episodi d’amore, di serenità e di condivisione dei sentimenti affettivi,
altamente commoventi.
Attilio Rossi, che oltre a essere un apprezzato
e genuino Poeta, è persona di elevata sensibilità, ha saputo cogliere magistralmente
questo aspetto riversandolo in una lirica delicata nella forma e nobile nei
contenuti, destinata a suscitare nei lettori tante sane emozioni.